Corpo Stellare

Fabio Pusterla

Il Respiro di Ermanno


Caro Ermanno, ho ascoltato
un poeta polacco di nome Jaroslaw Mikolajewski
leggere una poesia che parlava del fiato,
del respiro del padre scomparso trovato in cantina
con stupore, dentro un materassino gonfiabile
di trent'anni prima.

Il fiato, pensa, la cosa più fragile, resta
di un uomo talvolta, nei luoghi più strani, e nel fiato
galleggiano forse miriadi di quei moscerini
che ti parevano lieti, o altre forme disperse

come piccoli punti di voce.

Anche tu ci hai lasciato un respiro,
Ermanno, un respiro e dei versi.





Sabbia



Tu non lo sai, ma io spesso mi sveglio di notte,
rimango a lungo sdraiato nel buio
e ti ascolto dormire lì accanto, come un cane
sulla riva di un'acqua lenta da cui salgono
ombre e riflessi, farfalle silenziose.
Stanotte parlavi nel sonno,
con dei lamenti quasi, dicendo di un muro
troppo alto per scendere sotto, verso il mare
che tu sola vedevi, lontano splendente.
Per gioco ti ho mormorato di stare tranquilla,
non era poi così alto, potevamo anche farcela.
Tu hai chiesto
se in basso ci fosse sabbia ad aspettarci,
o roccia nera.
Sabbia, ho risposto, sabbia. E nel tuo sogno
forse ci siamo tuffati.





L'addeto alle Lavagne



Un'ora dopo l'altra entro cancello
ogni cosa da anni,
giorni su giorni di vita.
Saranno grafici e formule,
teoremi che fermano il vento in un modello,
lunghe filze di numeri,
parole che non leggo o non intendo.
E forse il mio cancellare, il movimento
umile della spugna e della spalla,
anche la canzonetta che canticchio
se mi sporgo sul nero traslucido o risciacquo,
persino il gesso che mi cola dalle unghie
come sperma e di cui porto l'odore
fanno nascere qualcosa che non so, di vero e bello.





Zurigo HB


La volpe tra i binari ha il colore del ferro,
dei sassi brumosi e dei vetri
sparsi sul terrapieno, dei palazzi.
Forse cerca qualcosa,
forse niente, e il muso basso
sfiora piano i detriti, senza piste.
Non ha paura dei treni. È indifferente
a tutti i rumori del traffico. Sembra giunta
a un punto estremo della propria vita,
perduta oltre ogni dove. E qui cammina.





Museo Lumière



Per qualche ignota ragione o senza ragioni
nella distesa smisurata di una piana invernale
con lunghi pastrani quasi buffi
lasciando all'erba le armi
dimentichi dei cavalli fumanti imbrancati
e di nemici eventuali massacri venturi più che certi

cento mille soldati si misero a ballare

saltando nel nulla frenetici picchiando
sopra la terra dura con tacchi di lunghi stivali e la bocca
di ognuno slogata in un grido di gioia di dolore
mentre al centro due ufficiali mimavano

una povera danza d'amore ultima forse.